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Come un'alimentazione diversa può aiutare a combattere la crisi idrica
30 giugno 2022

Come un'alimentazione diversa può aiutare a combattere la crisi idrica

Nelle ultime settimane, la questione siccità si sta aggravando sempre di più: il fiume Po e alcuni laghi sono praticamente prosciugati. Anche l'agricoltura sta pagando le conseguenze di questo fenomeno, e le colture sono a rischio. In quest'ottica, l'alimentazione può giocare un ruolo chiave per contrastare la crisi idrica?

Quando si presenta un problema, nella maggior parte dei casi e per svariati motivi, gli esseri umani non gli danno mai troppa importanza. Del resto, è proprio quello che si è verificato con la Covid-19, e che ⁠accade ed è accaduto con la questione del cambiamento climatico.

Poi succede che durante l'estate - in realtà ancora prima del solstizio - la Terra presenta il suo amaro conto: in tutta Italia è allarme siccità.

L'Emilia Romagna è entrata in una "situazione di crisi idrica profonda", e, entro qualche settimana, circa l'80% della regione potrebbe entrare in zona rossa, come avverte l'Osservatorio Anbi (Associazione Nazionale Bonifiche Irrigazioni Miglioramenti Fondiari). Inoltre, l'avanzamento del mare nel delta dei fiumi - il cosiddetto "cuneo salino" - è arrivato a oltre 30 chilometri - una quota record mai registrata prima. Senza girarci troppo intorno, la situazione idrica è critica: l'acqua scarseggia e i problemi si stanno accavallando come in un turbine di effetti a catena, giorno dopo giorno.

Agricoltura con l'acqua alla gola

La carenza di acqua data dalla mancanza di precipitazioni mette a rischio l'agricoltura. Come se non bastasse - si è già verificato in Sardegna qualche settimana fa -, il mutamento del clima ha favorito una smodata riproduzione delle cavallette. Nella zona di Forlì-Cesena, gli agricoltori hanno registrato una vera e propria invasione di questi insetti, voraci e depredatori, che stanno causando gravi danni alle colture di grano, foraggi e ortaggi. Per contrastare la proliferazione delle cavallette si dovrebbe arare quotidianamente il terreno, ma al momento questa pratica non è possibile perché le colture non sono ancora state raccolte.

Anche il Piemonte ha dichiarato lo stato di calamità naturale per l'agricoltura, e ha chiesto aiuto alla Valle d'Aosta - che, però, ha le stesse difficoltà. Coldiretti ha sottolineato che il 30% dell'agricoltura nazionale è a rischio.

C'è bisogno di far luce sulle priorità riguardo al fenomeno, visto che sono a rischio l'approvvigionamento del cibo e, in generale, l'alimentazione.

L'allevamento è ancora una volta responsabile

L'acqua risulta essere fondamentale per la coltivazione: l'irrigazione giornaliera dei campi è il nutrimento essenziale per le piante, per ciò che diventerà cibo. Tuttavia, se da una parte l'acqua utilizzata per la coltivazione è impossibile da razionare in maniera significativa, c'è qualcosa che è invece possibile limitare: la produzione di alcuni alimenti, come la carne. L'allevamento, infatti, ha bisogno di acqua sia in maniera diretta - per l'abbeveramento dei capi di bestiame -, sia in maniera indiretta - durante il processo produttivo che va dalla coltivazione dei mangimi al mantenimento e alla pulizia degli impianti, fino alla macellazione).

Analizzando i numeri, si scopre facilmente che il 23% dell'acqua dolce disponibile sulla Terra è utilizzata per l'allevamento di bestiame. Ne consegue che l'impronta idrica della carne - cioè il volume totale di acqua necessaria per la produzione -, rispetto a quella degli alimenti vegetali, è notevolmente più impattante.

Mettendo a confronto l'utilizzo di acqua per la produzione di un chilo di carne bovina e un chilo di legumi, si scopre che il primo utilizza 15.400 litri di acqua, mentre il secondo "solo" 4.000 litri. Inoltre, è bene sottolineare che ogni tipologia di carne possiede una diversa impronta idrica (per esempio, la produzione di carne bovina ha un'impronta maggiore rispetto a quella di pollo). L'impronta idrica varia anche rispetto al sistema di allevamento utilizzato: un allevamento intensivo richiede, nella maggior parte dei casi, un consumo idrico maggiore; ma gli animali al pascolo, avendo bisogno di più tempo per raggiungere il peso adatto alla macellazione, consumeranno più acqua nel lungo periodo.

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Anche il fabbisogno di macro nutrienti in correlazione al consumo di acqua ha un importante peso specifico. Il Report dell'UNESCO-IHE (IHE Delft Institute for Water Education) suggerisce che, considerando il consumo di risorse di acqua dolce, è molto più facile ottenere grassi, proteine e calorie dai prodotti vegetali. In definitiva, il sistema di produzione della carne risulta essere ampiamente inefficiente, anche perchè - in un certo senso - "spreca" risorse alimentari vegetali che potrebbero sfamare gli esseri umani.

Comprendere il fenomeno e modificare le abitudini alimentari

Ciò che è ancora difficile capire in maniera distinta, chiara e netta, è che siccità e crisi idrica sono strettamente legate al cambiamento climatico. Per questo, mangiare meno carne e derivati è una delle soluzioni che ognuno può e dovrebbe intraprendere, vista l'estrema criticità della situazione ambientale odierna. Non è la soluzione migliore - o l'unica -, ma tutti dovrebbero rifletterci sopra.

Il punto è che non bastano più le semplici azioni quotidiane della serie "chiudere il rubinetto mentre ci si lava i denti". A questo punto, è essenziale modificare abitudini più ampie, come l'alimentazione. Sapere che un hamburger di manzo ha un'impronta idrica di circa 2.350 litri, cioè la quantità che un essere umano beve in tre anni, può aiutare a vedere le cose da una prospettiva diversa.

Sara Ausilio

Sara Ausilio

(Forse) l’unica bolognese che non mangia ragù e tortellini. Vegana per ragioni etiche e ambientali. Mi piace cucinare sano, camminare e nuotare in piscina. Resto ferma solo al cinema o davanti a uno Spritz. Nel sangue e nel cuore la Calabria (papà) e la Sardegna (mamma). Could you be loved di Bob Marley è il mio mantra. Qui racconto la realtà come riflesso di uno sguardo critico.

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